Le lingue semitiche non hanno vocali. Gli antichi guerrieri di Uruk possiedono nomi lunghi e complessi, al pari di formule magiche. Nell’Oriente dell’età del bronzo la parola ha valore di legge, e pronunciare il nome di un nemico equivale a reclamarne il possesso. Così centinaia di formule orali, tramandate di padre in figlio, rappresentano il tesoro dei clan più potenti, per togliere o restituire la libertà.
A millenni di distanza le parole hanno lo stesso potere, perché la lingua umana dona o requisisce. In questo modo il barbaro fa schiavo il suo vicino, mentre i due sposi fanno prova di fede, pronunciando a voce alta i propri nomi.
Antonio Perrone
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