giovedì 28 aprile 2022

28/04/2022 prosa 4



La poesia è la più antica forma di scrittura. In versi erano scritte leggi, formule magiche e inni agli dèi. Al tempo in cui i miti custodivano i misteri del mondo, la poesia fu inventata per tramandarne la memoria. Alcuni popoli ordinarono il loro sapere in forma di canto – quando capirono che il ritmo aiuta la memoria – e la scrittura si adeguò a questa esigenza, dando vita alle vocali. Altri affidarono ai versi verità inaccessibili, secondo un alfabeto ancora oggi indecifrato. Seimila anni dopo la poesia è la forma di scrittura più codificata, ma anche la più sperimentale. Forse il motivo è che l’uomo conserva da sempre un'antica paura: dimenticare.

Antonio Perrone




 

lunedì 25 aprile 2022

24/04/2022 prosa 3

Nel napoletano non esiste il verbo dovere, e la necessità si esprime con l’aiuto del latino: have’ ’a. Il dialetto più antico d’Italia, figlio di Roma e di Grecia, non conosce l’urgenza del fare. Il parlante medio, ignaro di questa lacuna, confonde così obbligo e possibilità: si havessa, ch’avessa, nunn havessa, possiedono allo stesso tempo il significato di dovere e potere. 
Il napoletano ha una grammatica rigida, ma è filologicamente scorretto. I suoi principi sono quelli della poesia: il ritmo, l’immagine, l’ambiguità del significato. È per questo che alla lengua nostra manca anche il verbo ‘amo’, poiché difettando nel condizionale, confonde il desiderio con l’eventuale.



 

domenica 24 aprile 2022

23/04/2022 prosa 2

Le lingue semitiche non hanno vocali. Gli antichi guerrieri di Uruk possiedono nomi lunghi e complessi, al pari di formule magiche. Nell’Oriente dell’età del bronzo la parola ha valore di legge, e pronunciare il nome di un nemico equivale a reclamarne il possesso. Così centinaia di formule orali, tramandate di padre in figlio, rappresentano il tesoro dei clan più potenti, per togliere o restituire la libertà. 
A millenni di distanza le parole hanno lo stesso potere, perché la lingua umana dona o requisisce. In questo modo il barbaro fa schiavo il suo vicino, mentre i due sposi fanno prova di fede, pronunciando a voce alta i propri nomi.

                                                                                                                                                Antonio Perrone



19/04/2022 prosa 1



Il greco antico non conosce il blu. Nei Poemi omerici il mare è descritto come viola o nero. I greci vedevano il blu, ma non ne conoscevano il nome: allo stesso modo che l’indaco e il ciano appaiono azzurri ai bambini, o come gli Inuit, che usano dieci parole per dire la neve. 
È tutto finto, Nina, ogni separazione è finta a chi guarda per la prima volta, a chi confonde i punti nella linea, a chi non vede il cerchio e la circonferenza. La meraviglia è ignara delle sfumature, così Ulisse non distingue il fondo dalla superficie. 

                                                                                                                                                  Antonio Perrone