lunedì 27 giugno 2022

27/06/2022 prosa 8

 


Il più antico poema del mondo comincia con una domanda: “perché si muore?”. Il protagonista intraprende un lungo viaggio per trovarne la risposta, e quanto ottiene è di esperire lui stesso la morte; il suo compagno di viaggio è colpito da un male incurabile, ed egli non riesce più a darsi pace: perché si muore? La storia ci insegna che questo è il più grande castigo dell’uomo, il barlume di veggenza che lo fa quasi pari agli déi: conoscere il proprio destino, ma non potere operarvi.
Ogni castigo può però tramutarsi in un dono, mia Nina, se accettiamo di andare a un limite prestabilito. Solo così l’uomo sa farsi migliore di un dio, giacché per noi ogni dolore può essere l’ultimo, ogni amore per sempre. L’effimero è una forma di immortalità, se la finitezza non consente la ripetizione, e ciascun uomo è in questo senso eterno.